MILANO CULTURA DEL 24 FEBBRAIO 2009 – A CURA DI ANDREA DUSIO
LA CIFRA LIQUIDA DI FELICE CLEMENTE Il musicista calabrese presenta in quintetto il suo nuovo album al Blue Note Un’occasione davvero preziosa per poter ascoltare dal vivo uno dei musicisti italiani più interessanti e dinamici in ambito jazz. Il concerto che Felice Clemente ha tenuto al Blue Note di Milano in occasione della presentazione del suo nuovo album, “Blue of Mine”, lo conferma come uno dei nostri interpreti più intelligenti, capace di filtrare linguaggi musicali differenti, restituendoli con straordinaria freschezza. Spiega Clemente che l’idea di “Blue of Mine” è nata mentre, in una lunga giornata d’estate, osservava su di una spiaggia della Calabria l’orizzonte, cercando di indovinare il punto di congiunzione di cielo e mare, che è poi una linea di fusione tra due entità fluide. La sensazione che restituisce questa musica è esattamente la stessa. Ineccepibile linearità e semplicità in apparenza, e si pongono invece come una sorgente ininterrotta di suoni amichevoli e conosciuti, ricombinati in maniera però del tutto nuova. Ci si può riconoscere il funk, le sonorità latine, le figure della musica classica, le cadenze del tango. Ma di jazz cristallino si tratta, increspato da queste e mille altre suggestioni, eppure capace di rimandare sempre a sé stesso, alla libertà creativa di una musica perennemente instabile tra scrittura e improvvisazione. Gli strumenti infatti durante il concerto dialogano con composta libertà. Clemente non è un musicista che ami i disequilibri, e l’assetto del suo quintetto riflette questa predilezione per la cantabilità del suono, per questo procedere lungo percorsi adamantini, in cui si alternano sì tensioni e frasi più placidamente liriche, ma sempre con ineccepibile misura e stile. Nulla è troppo urlato, scomposto, caotico: anche questa è una maniera sottilmente italiana, solare, eufonica, di destreggiarsi tra le note blu. Felice Clemente ora dialoga con le chitarre di Bebo Ferra, sempre intelligentemente sospeso tra l’esplorazione del silenzio e la rarefazione, e un suono morbidamente fusione, e il panismo di Massimo Colombo, fondamentale appunto nel determinare la fluidità delle parti melodiche. La sezione ritmica composta da Giulio Corini e dal bravissimo Massimo Manzi sostiene l’interplay con grande calibro, asciuttezza e concretezza. Come in “The Second Time”, in cui un tempo dispari viene incessantemente variato. Il sax tenore esplora poi i languori di una bossa che scivola via con grande levità, in “All too soon”, o si arrampica sciorinando l’arte del ballader consumato in “Nemesis”. Ma forse la suggestione più alta la si raggiunge con una composizione firmata da Tino Tracanna, “Imaharat”, in cui spicca l’introduzione di Bebo Ferra. Il concerto, con versioni di ciascuna traccia estese ed estremamente dinamiche, restituisce l’idea di un musicista in stato di grazia, focalizzato sulla capacità di riformulare sotto la propria cifra liquida tutte le sonorità che lo suggestionano.
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GENTLEMAN – N° 97 MARZO 2009 A CURA DI ANDREA MILANESI
Che il jazz made in Italy goda di ottima salute è opinione largamente condivisa, non solo nel nostro paese, ma anche Oltreoceano, dove una sempre crescente attenzione viene riservata agli artisti di casa nostra. La rivista specializzata statunitense Cadence Magazine ha per esempio definito Felice Clemente un talento destinato a fare la storia del jazz e il giovane sassofonista ha risposto guidando il suo affiatatissimo quintetto tra le atmosfere raffinate e poetiche del nuovo disco Blue of Mine.
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ALL ABOUT JAZZ ITALIA – A CURA VINCENZO ROGGERO
Il sassofonista, compositore, didatta e organizzatore Felice Clemente si muove all’interno di un jazz legato alla via maestra ma arricchito da un visione cosmopolita della musica che risulta sorprendentemente pregna di una sensibilità tutta mediterranea. Non solo per la presenza di un musicista profondamente legato alle proprie radici isolane come il chitarrista Bebo Ferra, ma per un approccio all’improvvisazione ed una organizzazione del materiale sonoro che fa emergere, anche nelle situazioni meno scontate, la bellezza delle linee melodiche e l’attenzione per i colori pastello. Clemente organizza l’album con la fin troppo canonica scansione che alterna tempi lenti a brani briosi e si avvale di un gruppo di musicisti assai quotati, tutti a loro volta leader di gruppi propri, che assicurano qualità esecutiva e sensibilità nel muoversi all’interno delle architetture compositive del leader. Il gruppo sembra dare il meglio nelle tracce con scansioni ritmiche serrate come nel tribale “Chuku,” grande intervento di Ferra alla chitarra acustica, o nella title track, un blues danzante e solare con il soprano del leader in bella evidenza, o ancora nella boppistica ” To Clifford” dove Massimo Colombo esprime il suo raffinato stile pianistico. L’album Blue of Mine si fa apprezzare per la cura dei particolari, per la coesione del gruppo e per una convincente eleganza espressiva.
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MESCALINA RIVISTA ON-LINE DI MUSICA E CULTURA – DEL 07/04/09
FELICE CLEMENTE QUINTET Blue Of Mine Crocevia di suoni 2008
“Cercare di afferrare l’inafferrabile”. Mi rimbalza in testa questo concetto sottolineato da Tino Tracanna nel libretto del cd “Blue of mine”. Cercare di afferrare l’inafferrabile, questo è il jazz. Felice Clemente scrive che l’idea di “Blue of mine” è nata nell’estate del 2007 mentre osservava su una spiaggia calabrese l’orizzonte che descrive come un “incantevole punto di congiunzione tra cielo e mare, quella linea apparente dove si fondono due magiche entità, completamente diverse ma compatibili in modo del tutto fluido e naturale”. Insomma, è riuscito, anche se solo per poco, ad afferrare l’inafferrabile. Ha fatto proprio questo momento e l’ha riversato in musica creando “Blue of mine”, disco che straconsiglio a tutti, appassionati o meno di jazz. Felice Clemente è un sassofonista e un clarinettista d’eccezione, allievo anche di quel Tino Tracanna che ho menzionato all’inizio. Se questi nomi non vi dicono nulla, vi posso dire che Clemente ha vinto vari concorsi nazionali e internazionali prestigiosi e, inoltre, svolge un’intensa attività concertistica in giro per l’Italia e all’estero. Inoltre, ha collaborato con artisti del calibro di Stefano Di Battista e Tullio De Piscopo, riuscendo ad imporsi, nell’arco di pochi anni, nella scena nazionale del jazz. Il lavoro in questione, come già menzionato in precedenza, è di ottima fattura. “Blue of mine” presenta 9 tracce in cui si susseguono diverse influenze musicali, dal tango alla bossa nova e, nelle quali, si può percepire la presenza di Thelonious Monk, di Ornette Coleman e di Sonny Rollins. La prima traccia è “The second time”, tutta in cinque quarti, melodica e complessa, caratterizzata dalla presenza di un buon interplay in cui il sax di Clemente funge da importante collante. “Chiuku”, brano energico e possente, ricorda il John Coltrane di “Africa Brass” mentre “All too soon” è una bossa nova che Felice Clemente ha cucito a pennello per il suo sax soprano. Ma Felice Clemente serve il suo piatto forte alla fine regalando all’ascoltatore un “Divertimento n.1”, “sorprendente blue cameristico”, come lo descrive Tino Tracanna, che, pur essendo in perfetta sintonia con il resto dell’album, è il diamante più luminoso, la perla più rara. “Blue of mine” è un lavoro perfetto ed emozionante, pieno di swing, dotato di vivacità e leggerezza, colto e fruibile, ammaliante e intrigante. Infine il mio plauso va ai musicisti, veri cavalli di razza, che svolgono un ruolo fondamentale nell’ottica del disco. Il tocco magico del pianista Massimo Colombo, la perfezione metrica del batterista Massimo Manzi, l’incisività di Giulio Corini al contrabbasso e la chitarra ispirata di Bebo Ferra rendono ancor più magica le trame musicali ricamate dal sax (o dal clarinetto) di Felice Clemente sorprendendo, di volta in volta, l’ascoltatore.
Di Francesco Bove
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MUSICA JAZZ NUMERO DI APRILE 2009 – DI ALDO GIANOLIO
Felice Clemente “Blue of Mine”, Crocevia di Suoni Records. Nove composizioni originali eseguite da un quintetto di grande compattezza e forza esecutiva, al contempo razionale e passionale, sempre elegante. Questo sesto Cd di Clemente è probabilmente il suo risultato migliore, che sintetizza tutte le esperienze passate in un linguaggio pienamente maturo. Gli accompagnatori, tra i migliori sulla scena, non tradiscono la propria reputazione e dividono con il leader gli interventi solistici in brani che si contraddistinguono per la freschezza delle invenzioni melodiche e si differenziano l’uno dall’altro per i vari moods rappresentati: ci sono l’atmosfera mediterranea nel cantabile “All Too Soon”, l’iterazione di cellule tematiche nel cinque quarti di “The Second Time”, la tenerezza nella ballad “Nemesis”, il bop nel ritmato “To Clifford” l’afro nell’energica “Chuku”, la passionalità nella cantilenante “Imaharat” e l’intimità cameristica in “Divertimento n.1″, per soli fiati.
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JAZZITALIA.NET APRILE 2009 – DI ENRICO PESSINA
Giunto al sesto album da leader, con Blue of mine, Felice Clemente ha raggiunto, nella doppia veste di sassofonista e compositore, una consapevolezza che lo porta ad evitare approcci scontati per colpire in pieno il bersaglio utilizzando il proprio virtuosismo (influenzato da maestri come Sonny Rollins, Joe Henderson e Wayne Shorter) per percorrere a modo proprio le strade del passato, con sguardo nuovo e penetrante. Blue of mine si propone così come un affresco formicolante di idee, suoni, ritmi e colori sempre cangianti – dal post bop più energico a echi latin e afro, da suggestioni neoromantiche a un lirismo asciutto che punta dritto al cuore melodico dei brani. Un affresco che trova il suo mastice soprattutto nella forza di uno stile ormai maturo, capace di tenere insieme con coerenza struggenti tenerezze e improvvise accensioni, rigore e libertà esecutiva, amalgamando il tutto con la perfetta empatia tra i musicisti, che si destreggiano abilmente anche come solisti. Del resto, si tratta di strumentisti del calibro di Bebo Ferra alle chitarre, Massimo Colombo al piano, Giulio Corini al basso e Massimo Manzi alla batteria. I nove brani di Blue of mine lasciano una traccia duratura nell’ascoltatore sia per la loro grande forza espressiva sia per l’inesauribile emotività che ogni brano possiede e che fa sì che ognuno dei piccoli riflessi della musica sprigioni la verità e la bellezza di un emozione provata, di un ricordo serbato a lungo, di un piccolo richiamo al sogno e all’innocenza. “Questo disco”, osserva Clemente nelle note di copertina, “rappresenta per me il frutto e la fusione delle esperienze e degli incontri musicali fatti finora, oltre che delle vicende importanti che hanno segnato la mia vita e la mia carriera. Il tutto animato dalla profonda esigenza di far incontrare le culture musicali che amo – il jazz, la musica classica, l’afro, il latin e il tango – allo scopo di raggiungere l’anima di tutti coloro che sanno lasciarsi attraversare dal flusso dei suoni, senza frapporre filtri e fisime concettuali, ma solo vivendoli pienamente con la naturalezza di un respiro o del battito del cuore”. Blue è la parola chiave del tuo ultimo album: fa parte del titolo del cd e del nome di uno dei brani più intensi, ma è anche la cromia predominante della copertina. Una parola polisemica, ricca di significati. Blue è un colore, ma anche uno stato d’animo, visto che in inglese significa malinconia, così come, soprattutto in ambito jazzistico, viene spontaneo associarla alle blue notes… INTERVISTA DI ENRICO PESSINA: Che cosa volevi comunicare con questa parola? Blue rappresenta tutti quegli stati d’animo che il jazz, in tutte le sue sfaccettature, suscita in me ogni volta che ne entro in contatto: dalla malinconia alla serenità, dalla passionalità alla razionalità. Ma “blue” è anche il colore dell’elemento ispiratore di questo disco, ovvero, l’orizzonte: quell’incantevole punto di congiunzione tra cielo e mare, quella linea apparente dove si fondono due entità, terra e cielo, completamente diverse ma compatibili in modo del tutto fluido e naturale. Quindi “blue” diventa, in quest’ultima accezione, anche la metafora di quella fusione tra stili che ricerco nella mia musica, una fusione che comunque non va confusa con pratiche modaiole come il pastiche postmoderno. Dopo “Danzon”, pubblicato nel tuo Live del 2007, hai inciso nel nuovo cd un altro brano di Tino Tracanna, “Imaharat”. Quali stimoli interpretativi ti danno le composizioni del tuo maestro? Tino ha sempre rappresentato per me un punto di riferimento musicale e professionale. Trovo che le sue composizioni siano molto profonde, ispirate e godibili, sia dal punto di vista dell’interprete, sia dell’ascoltatore. Mi piace la sua ricerca della melodia e della bellezza formale, rielaborata con soluzioni stilistiche e compositive mai scontate e fedeli alla sua accesa sensibilità in continua evoluzione. Mi sembra che in “Blue of mine” affronti in maniera diversa, più ricercata e creativa, la relazione tra composizione e improvvisazione. E’ solo una mia impressione o c’è del vero? Il rapporto tra composizione e improvvisazione in questo mio ultimo disco è effettivamente molto più stretto. Ho cercato di creare nuove soluzioni nella composizione e nell’arrangiamento che dessero alla mia musica una fluidità e una freschezza maggiori e che potessero spingere i musicisti a sentirsi più liberi e coinvolti. E, infatti, c’e stata una grande partecipazione e collaborazione da parte di tutti i musicisti coinvolti nella realizzazione di Blue of mine. Credo e spero che ne sia venuto fuori un dialogo aperto, privo di forzature e dogmi stilistici. Un’interazione dove ogni strumentista ha avuto lo spazio per mettere in risalto le sue peculiarità. Usi con sempre più frequenza il sax soprano, strumento sul quale hai raggiunto un controllo invidiabile. Lo suoni di più per questioni di colore e di timbro o per una particolare urgenza espressiva (penso, per esempio, alla possibilità di muoverti meglio sui sovracuti)? Considero il sax soprano uno strumento a sé, ricco di risorse, che va suonato in maniera del tutto diversa dal sax tenore. Suonandolo si può passare dalla liricità più profonda al fraseggio più grintoso. Inoltre, ho avuto un approccio davvero positivo con il soprano. Già dalla prima volta che l’ho suonato, mi sono sentito a mio agio. Per la prima volta in un tuo disco da leader, compare la chitarra, suonata nell’occasione da un asso come Bebo Ferra. Mi puoi spiegare i motivi di questa scelta? La scelta di Bebo ha dato alla mia musica e al gruppo una sonorità più ricca e moderna per la varietà delle soluzioni timbriche e stilistiche che le sue chitarre hanno immesso nel tessuto sonoro. Bebo è davvero un asso, uno dei massimi esponenti di questo strumento, e la sua bravura, sensibilità e intelligenza musicale hanno arricchito molto il disco. Quanto hanno inciso nella tua crescita musicale Massimo Colombo, Giulio Corini e Massimo Manzi, i tuoi partner in “Blue of mine”, ma anche i musicisti con i quali suoni dal vivo? Sono incredibili, riescono sempre a stupirmi per il talento, la spiccata sensibilità e la rara generosità, una qualità, quest’ultima, indispensabile per riuscire a rimettersi sempre in gioco, a non adagiarsi mai sui risultati raggiunti. Ogni volta che suoniamo in studio e dal vivo non c’è mai routine, succedono sempre cose incredibili, sorprendenti. Tra noi lo scambio di idee, suggestioni ed emozioni è continuo e sempre fertile. E ciò è dovuto, oltre che alle loro indiscutibili qualità musicali, a un legame di amicizia che dura ormai da anni. Stai avendo un’attività live piuttosto intensa. Ultimamente ti ho ascoltato in concerto un paio di volte e mi pare che i brani di “Blue of mine” siano particolarmente efficaci anche dal vivo. Sei d’accordo? È vero, questi brani hanno un’efficacia “live” notevole, perché hanno una struttura compositiva che permette di dare molto spazio all’improvvisazione e all’interazione tra i musicisti, di creare il giusto equilibrio tra i momenti più strutturati e quelli liberi. Ogni concerto diventa così una continua sorpresa sia per noi che per il pubblico. Finiamo con un gioco. Se potessi fare un viaggio a ritroso nel tempo, diciamo negli anni Sessanta, e scritturare quattro musicisti dell’epoca con cui incidere un album, quali sceglieresti? Domanda divertente ma anche molto ostica, non è affatto facile scegliere tra i tanti musicisti degli anni Sessanta che mi hanno influenzato, che ho sempre ammirato e con i quali sarebbe stato un sogno suonare. Fatta questa premessa, sto al gioco: Bill Evans al pianoforte, Jim Hall alla chitarra, Paul Chambers al contrabbasso e Elvin Jones alla batteria. Mica male, vero?
Enrico Pessina per Jazzitalia
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IL MANIFESTO (ALIAS) N. 17 DEL 25/04/2009 A CURA DI GUIDO FESTINESE
BLUE OF MINE (Crocevia di Suoni Records)
Il «suo blu» del titolo nasce, come spesso nei titoli dei bei dischi jazz, da un momento speciale colto nella natura: qui, il momento in cui la linea dell’orizzonte del cielo incontra e si fonde con la linea del mare. Gioco ottico, ma gioco vitale per suscitare emozioni e farle diventare musica. Qui il valente sassofonista, alla sesta prova da leader, incrocia tenore (dal piglio assai volitivo) e soprano (sempre dolcissimo) con una squadra d’eccellenza: Bebo Ferra, Massimo Colombo, Giulio Corini, Massimo Manzi. Suono complessivo terso, nitido, a tratti scintillante: senza la vacua ampollosità che hanno tante incisioni mainstream, con molta eleganza fattiva.
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JAZZLIFE MAGAZINE (JAPAN) APRILE 2009 A CURA DI ASANO KOTARO
“Moreover, a wonderful saxophone player appeared from Italy. Felice was born in 1974. It has had a wonderful career since the 1990′s. He has put sixth on the market before. His tenor saxophone has warmth. And, his soprano saxophone has the edge. He performed a beautiful phrase many times. The recorded place is in ECM studio. He is a person who has the ability to make the melody doing a wonderful performance by using Sax.”
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VITA NON PROFIT MAGAZINE DEL 15 MAGGIO 2009 – DI ENRICO BARBIERI
Felice Clemente Quintet “BLUE OF MINE” – Crocevia di Suoni Records 2009 **** 4 stelle
Avevamo lasciato Felice Clemente tra le rotondità di uno splendido live, ad accarezzare suoni sinuosi e pieni di calore. Lo ritroviamo con questo BLUE OF MINE ancora più solare, a levigare melodie e lasciarsi ondeggiare dai ritmi. La metafora marittima è suggerita dallo stesso Clemente, quando descrive l’origine del suo nuovo album: la prima idea è nata infatti scrutando la linea indefinita tra mare e cielo all’orizzonte di una spiaggia calabrese. Un impressione poi trasformata in musica grazie anche alla collaborazione con quattro artisti di qualità come Massimo Colombo, Bebo Ferra, Giulio Corini e Massimo Manzi. La musica del quintetto produce un effetto pacifico, specie in alcuni pezzi fluttuanti come la ballata “Nemesis”. Un blu calmo e intenso è il colore dell’album: per eccellenza il colore del jazz, da Miles in poi.
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MUSICBOOM.IT – DI VITTORE LO CONTE
Felice Clemente Quintet – Blue of Mine Crocevia di Suoni Records 2009 Conferma per l’alto livello del jazz italiano. Un disco come quello del sassofonista soprano e tenore Felice Clemente è una ventata d’aria fresca per il jazz italiano, al di là delle formule che possono piacere al pubblico od agli organizzatori ma ricco di qualità musicali, quelle che restano quando si ritorna ad ascoltare l’opera dell’artista dopo un periodo di tempo. Il blue evocato nel titolo proviene dal mare e dal cielo della Calabria, che hanno affascinato il leader durante una vacanza. Colori che ha cercato, con successo, di riportare nella scrittura e negli assoli che hanno trovato spazio su un CD che si ascolta tutto di un fiato, curato nei minimi particolare e tuttavia sincero, reale per quello che i musicisti coinvolti esprimono. Sono tutti brani riusciti, ben gestiti da un leader che ha il pregio di sapere amalgamare gli altri partecipanti all’impresa, quasi fosse ovvio o la cosa più naturale. Sono musicisti conosciuti nel panorama nazionale, che hanno già inciso numerose opere da leader e che qui si fanno sedurre dall’idea del collettivo, dell’esecuzione compatta, che però lascia abbastanza spazio alle loro individualità, ad assoli ricchi di gusto ed energia che stanno in empatia con la scrittura di Clemente. Oltre ai musicisti del gruppo coinvolti in questo progetto, ci sono gli ospiti Tino Tracanna al sax soprano e Antonello Monni al sax tenore, presenti in “Divertimento N.1″, un brano cameristico per trio di sassofoni. L’ispirazione regna sovrana per tutto il disco, che ha il pregio di cercare soluzioni che spaziano per il ricco patrimonio del jazz, si va da brani più ispirati alla tradizione europea ad altri in cui la matrice afroamericana emerge più marcata, come in “To Clifford”. Sono le chitarre di Bebo Ferra a creare colori cangianti, dall’acustico di “Imaharat” al elettrico di “Blue of Mine”, ed il pianoforte di Massimo Colombo a sottolineare ogni volta atmosfere in cui niente è dato per scontato, ricco di un’esperienza da cui trae fuori assoli che sono linee di perle luccicanti. E non dimentichiamo la ritmica: il solido Giulio Corini al contrabbasso ed il fantasioso batterista Massimo Manzi. Felice Clemente si ritaglia i suoi spazi con intelligenza, espressivi e lirici, dalla voce calorosa. Il suo è un disco riuscito, di quelli che hanno l’autorevolezza per restare, di quelli che tengono alta la bandiera del jazz nazionale.
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CLASS DI GIUGNO 2009 – DI MIMMO STOLFI
Le scelte di Class Musica Il Jazz delle Terre Incognite. Suggestioni afro, echi latin e spleen neo-romantico. Felice Clemente dà libero sfogo a una smagliante creatività nel cd Blue of Mine, cornucopia di seducenti melodie, ritmi e colori. Nove brani raffinati, seducenti, ricchi di risonanze emotive. Li abbiamo appena ascoltati che già navigano nella nostra mente, come qualcosa di intimo e insieme remoto. La colloquiale naturalezza di Blue of Mine, ultimo cd di Felice Clemente, cela in realtà una costante ricerca di temi e tecniche, una raffinatezza strutturale alimentata da molteplici interessi musicali. In questi anni, infatti, il sassofonista e compositore lombardo ha assorbito, al modo in cui un pennello assorbe la tavolozza, molti idiomi stilistici che in Blue of Mine trovano una magnifica sintesi creativa: adesso Clemente cammina con le sue gambe, e a grandi passi, assecondato da un gruppo coi fiocchi (Bebo Ferra alle chitarre, Massimo Colombo al piano, Giulio Corini al basso e Massimo Manzi alla batteria). Il perfetto dominio dei sax tenore e soprano permette a Clemente di variare morfologie ed espressività a piacimento: da Chuku e Imaharat, brani carichi di visioni esotiche sontuose, di sbalzi melodici dal sapore fortemente cromatico e incandescenze ritmiche che evocano “terrae incognitae” e un sottile erotismo, ad All Too Soon, Blue of Mine e Nemesis, che rifulgono di una luce lieve e limpida, screziata dagli assoli di Clemente che possiede l’arte rara di caricare ogni singola nota del suo massimo significato. Blue of Mine invita a un viaggio appassionante tra gioia e spleen, serenità ed ebbrezza. Ma non è così anche la realtà: ombra e luce, stasi malinconia e scatto eroico?
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SUONO DI GIUGNO 2009 N° 429 – DI SERGIO SPADA
Felice Clemente Quintet “Blue of mine” Crocevia di Suoni Records Per Crocevia di Suoni esce il nuovo lavoro del sassofonista milanese Felice Clemente, già forte di precedenti incisioni ben valutate anche da un critica non sempre benevola con i musicisti italiani. In verità il musicista in questione sembra possedere una marcia in più di certi suoi (anche più noti) colleghi e la vitalità ed energia del suo suono (che sia quello del più aggressivo tenore o del riflessivo soprano) contagia e trascina anche gli altri elementi del gruppo; quando poi questi non sono gli ultimi arrivati, ma musicisti di accertata fama e personalità spiccata, capaci inoltre di infondere alla materia musicale anche una loro impronta, il disco acquista valore e si presenta ricco di cose da scoprire. E’ proprio il caso di questo Blue of Mine dove insieme a Clemente possiamo ascoltare Bebo Ferra alle chitarre, Massimo Colombo al piano, Giulio Corini al contrabbasso e Massimo Manzi alla batteria, senza dimenticare le presenze (da ospiti) di Tino Tracanna ed Antonello Monni entrambi al sax. Il gioco dei brani di questo disco sembra dipanarsi soprattutto nel dialogo volitivo ed intrigante fra il sax di Clemente e la chitarra di Ferra, uno dei migliori interpreti italiani dello strumento. Ed i colori acquistano tonalità diverse a seconda che la chitarra sia acustica o elettrica, o quando al tenore subentra il soprano, con l’alternarsi nel corso dei nove brani di efficaci interpretazioni del più classico bop (The Second Time) e di gustose ballate dal gusto blues (All Too Soon), oltre a momenti di efficace sapore funky (Blue of Mine). Non tralasciando la bontà del piano di Colombo ed una ritmica che pone in risalto come al solito le doti non comuni di quel gran batterista che è Massimo Manzi. Un disco che lascia soddisfatti pur non proponendo suoni davvero innovativi, ma restituisce quello che di significativo c’è nell’essenza del jazz europeo.
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MUSICBOOM.IT – DI VITTORE LO CONTE – ESCALERAS
…due artisti che non stancano mai, fantasiosi, con una personalità precisa…
Felice Clemente al sax soprano e tenore e Javier Pérez Forte alla chitarra classica si sono decisi per un duo che celebra l’omaggio alle musiche del Sudamerica, non solo la storica bossa nova di Charlie Bird e Laurindo Almeida insieme a Stan Getz. I ritmi di tango e milonga sono presenti e resi così bene che è difficile staccare la presa del CD Player. Con questo è tutto detto di un disco fatto da due artisti che non stancano mai, fantasiosi e ovviamente con una personalità precisa, lontana anni luce dai musicisti da studio che ogni tanto si trovano ad interpretare i soliti classici. Il dialogo dei due procede sciolto, assorti nella musica che producono, anch’essi ammaliati da quello che fanno, dalle note di canzoni che parlano di sentimenti ed incontri appassionati. Qualche originale dei due ben si inserisce nell’atmosfera di un disco senza tempo, perfetto incontro di due che sono così assorti, che la malinconia della milonga sembra venir fuori direttamente dai loro cuori. Da non perdere!
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INTERNAZIONALE DEL 29 AGOSTO 2009 – PLAYLIST DI PIER ANDREA CANEI
Felice Clemente, Chuku.
“In un dialetto africano vuol dire ‘sole, energia’. In questo brano è molto forte la coesistenza di culture musicali completamente differenti: il ritmo afrocubano nanigo, il jazz e la giga”. Scrive così Felice Clemente, il sassofonista più assiduo di questa rubrichina, e la versione sonora di questo appunto è sul cd Blue of Mine, ripescaggio recente e compagno di viaggio siculo in un’annata di vespe, solleoni e farfalloni.
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CORRIERE DELLA SERA DEL 04/10/2009 – A CURA DI CLAUDIO SESSA
DOPPIE EMOZIONI. Un dialogo fra strumenti per ritrovare il canto profondo del Sudamerica al Blue Note il sassofonista milanese Felice Clemente e il chitarrista argentino Javier Pérez Forte ripropongono le musiche del loro riuscito album “Escaleras”, riflessioni intime, cameristiche, ma anche piene di emozione sulle radici popolari delle musiche emerse dal Nuovo Mondo australe. Clemente, attivo nel jazz contemporaneo, e Forte, più vicino alla musica accademica di ricerca, s’incontrano a metà strada con brani fortemente composti, ma sempre aperti agli sviluppi solistici, nei quali il suono arioso dei sax dell’italiano si sposa con la chitarra acustica del partner in un’evocazione che sa di nostalgia ma non si nega attente esplorazioni musicali.
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JAZZIT MAGAZINE SETTEMBRE/OTTOBRE 2009 – A CURA DI LUCIANO VANNI
Felice Clemente Quintet Blue Of Mine CROCEVIA DI SUONI RECORDS, 2009 (IRD).
Gli studi classici e la pratica del jazz di Felice Clemente convivono nelle nove tracce di questo album. Nella cantabilità dei temi e nella purezza delle melodie interpretate sembra nascondersi il segreto di questa musica che scorre coerente senza forzature o eccessi. Il disco si apre con l’ariosa The Second Time, caratterizzata da un tema assai lirico; si prosegue con la funkeggiante Blue Of Mine, dal groove zoppicante, per poi passare alla sussurrata Nemesis e al brano To Clifford, un moderno hard bop dagli echi joe hendersiani. Conclude l’album la stravagante Divertimento n. 1., composizione che sarebbe potuta nascere dalla penna di Luigi Nono. è la chitarra di Bebo Ferra, assieme al pianoforte di Massimo Colombo, a garantire quella varietà di soluzioni timbriche e armoniche capaci di ispirare Felice Clemente. (Luciano Vanni)
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JAZZCOLO[U]RS OTTOBRE ’09 MAGAZINE – A CURA DI MARCO MAIMIERI
FELICE CLEMENTE QUINTET BLUE OF MINE (Crocevia di Suoni Records – 2009) Un progetto nato, per ammissione dell’autore stesso nel libretto interno, osservando l’orizzonte, “quell’incantevole punto di congiunzione tra cielo e mare […] dove si fondono due magiche entità, completamente diverse ma compatibili in modo del tutto fluido e naturale”. Un’immagine con cui il sassofonista Felice Clemente veicola l’idea che questo sesto album a proprio nome sia frutto e fusione delle esperienze e degli incontri musicali fatti finora, oltre che delle vicende più importanti della sua vita e della sua carriera. Il tutto animato dall’esigenza di far incontrare le culture musicali che ama — il jazz, il blues, la classica, l’afro, il latin, il tango — per “raggiungere l’anima di tutti coloro che sanno lasciarsi attraversare dal flusso dei suoni […] con la naturalezza di un respiro o del battito del cuore”. Questa esperienza, condivisa con musicisti con i quali collabora da tempo -da Massimo Colombo a Massimo Manzi fino a Tino Tracanna — colpisce sia per il talento, la sensibilità e la generosità dei protagonisti, sia per il dialogo aperto, privo di forzature e dogmi stilistici con cui è affrontata la realtà sempre più composita del jazz contemporaneo. “Un dialogo — fa notare ancora Clemente — dove ogni strumentista ha avuto lo spazio per mettere in risalto le sue peculiarità, ma sempre al servizio della nostra unica padrona: la Musica”. Una musica leggiadra e stimolante che fluisce complice fra le pieghe del gruppo, lasciando una persistente e (im)palpabile sensazione di energizzante piacere corale. Basti ascoltare le linee serpentine e scoscese del leader su Divertimento n. 1, intrecciate con quelle parimenti evocative e cangianti di Tino Tracanna e Antonello Monni, gli intriganti e diamantini ricami di Bebo Ferra, il profondo e intenso eloquio di Massimo Colombo, i robusti e simbiotici scambi fra il dinamico e tonico Giulio Corini e il colorato e frastagliato Massimo Manzi, per capire. L’intero album sgorga da tale estetica e proprio per questo, per il suo accattivante e fascinoso cangiare stilistico-espressivo all’interno di un unicumcomposito e aperto, se ne consiglia l’ascolto integrale, perdendosi volut(tuos)amente fra le vie o tracce del crocevia di suoni da esso evocato.
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AMADEUS MENSILE NUMERO DI DICEMBRE 2009 – A CURA DI RICCARDO SANTANGELO
BLUE OF MINE Entrando in ambito jazzistico vale la pena segnalare Blue Mine del Felice Clemente Quintet (Crocevia di suoni Records, CDS002), in cui il sassofonista lombardo (coadiuvato da un quartetto eccezionale) trova modo di costruire un disco pieno di sfumature cromatiche tra intuizioni melodiche e ritmi dai sapori esotici, ma nel contempo familiari. Il tutto senza mai cercare di rendere complicata la successione sonora, cercando anzi di mettere a proprio agio l’ascoltatore, trasportandolo attraverso una sorta di percorso neo-romantico.